Foam Rolling Rilascio Miofasciale

Foam Rolling | Il Rilascio Miofasciale per i Fondamentali

Foam Rolling (Rilascio Miofasciale) Preworkout

Durante la mia relativamente breve permanenza in sala pesi, ho avuto modo di constatare che buona parte dei difetti e delle carenze che si presentano in una determinata alzata sono spesso dovuti a mancanze in termini di flessibilità e di conseguenza mobilità articolare.

Colmare queste lacune lavorando in modo intelligente prima del nostro allenamento può migliorare le nostre linee di spinta e quindi rendere più efficienti, ergonomici e “salutari” i nostri movimenti.

TUTTO MOLTO BELLO..MA COME SI FA EFFETTIVAMENTE?

La risposta è..

Utilizzando il rilascio miofasciale, più comunemente (ed erroneamente) chiamato foam rolling.

Il rilascio miofasciale è una pratica un po’ acerba qua in Italia, ma viene utilizzato da tanti anni oltreoceano.

Esso si basa sull’applicazione di pressione, utilizzando un foam roller, una lacrosse ball o una pallina da tennis, sul muscolo che si vuole decontrarre e appunto “rilasciare”, da cui “rilascio miofasciale”.

La pressione esercitata sul muscolo attiva dei meccanocettori presenti nella fascia (“strato” di tessuto connettivo fibroso che ricopre il muscolo) che trasmettono un segnale al nostro cervello, facendogli rilassare quella zona.

Foam Rolling

Uno Studio sul Rilascio Miofasciale

Per i più scettici di voi ecco uno studio sul Rilascio Miofasciale, molto recente, che sintetizzerò così:

“Higher Quadriceps Roller Massage Forces do Not Amplify Range-of-Motion Increases or Impair Strength and Jump Performance.” Grabow et al. (2017)

Per questo studio, i ricercatori esaminarono 16 ragazzi (8 ragazzi e 8 ragazze) di età media 26-27 anni con esperienza in sala pesi, ma non con il rilascio miofasciale.

I soggetti fecero, prima di tutto, una seduta di prova per testare il proprio “massimale di rullata” in termini di dolore percepito (10/10) aggiungendo gradualmente peso al rullo che veniva passato sul quadrcipite (una rullata=4 secondi).

Dopo questa prova, iniziò lo studio vero e proprio che durò tre sessioni totali separate tra loro.

All’inizio di ogni sessione venne misurato, tra le altre cose che non ci interessano, il ROM (Range Of Motion) massimo attivo e passivo in flessione del’arto inferiore.

Dopo questo test vennero praticate 3 serie di rullata sul quadricipite da 60” con il 50%, il 70% e il 90% del massimale calcolato in precendenza (rispettivamente per la prima, seconda e terza sessione) e infine, una volta rullato il quadricipite, fu ripetuto il test del ROM.

I risultati del Foam Rolling

Il ROM massimo, sia attivo che passivo, aumentò significativamente dopo le rullate, ma quelle con maggiori risultati furono proprio le meno intense al 50% (dolore percepito 4/10) del massimale.

ORA SAPPIAMO CHE IL FOAM ROLLING AUMENTA LA MOBILITÀ ARTICOLARE, MA LA DOMANDA CHE SORGE SPONTANEA È..

Perchè fare rilascio miofasciale prima di allenamento e non a casa?

Ovvero,

perchè farlo proprio prima che ci stiamo per allenare piuttosto che a casa in giorni separati?

Perché i guadagni di ROM dati dal rilascio miofasciale sono temporanei.

Quindi farlo in giorni separati dall’allenamento non avrebbe nessun transfert sulle alzate fondamentali, sarebbe fine a sé stesso insomma.

Affinché i guadagni di mobilità possano essere duraturi e funzionali all’alzata, il rilascio miofasciale va fatto prima di eseguire l’esercizio, così da poter raggiungere nuove posizioni durante l’esecuzione e CONTROLLARE questa nuova mobilità eseguendo l’esercizio stesso.

E’ un insegnare al nostro corpo che quella posizione è OK, ci si può stare senza problemi.

Rilascio Miofasciale

Rilascio Miofasciale, esempio pratico

Non riesco a raggiungere una profondità adeguata nello squat a causa di una scarsa dorsiflessione (avvicinamento del dorso ,detto collo, del piede alla tibia) che non mi permette un knee travel adeguato.

So anche che il muscolo tricipite surale (il polpaccio) ha il compito di flettere palmarmente il piede, ossia fargli fare il movimento contrario a quello desiderato.

Ma non è che rilasciando e decontraendo il polpaccio, affinché smetta di “tirare” il piede dalla parte opposta, riesco a guadagnare quel pizzico di dorsiflessione che mi può far andare più in profondità nello squat?

Si rulla per un paio di serie da 40”/1’ e si prova.

Se funziona, probabilmente questa è una pratica da inserire più spesso, così da poter migliorare sempre di più  la nostra esecuzione ed acquisire controllo della mobilità guadagnata.

Basta saper riconoscere una carenza, qualche muscolo e la sua funzione ed avere un po’ di buon senso.

Un altro esempio può essere dedicato al fenomeno del “butt wink” nello squat, che, oltre che ad una tecnica di esecuzione errata, può essere riconducibile ad una particolare rigidità degli adduttori, gruppo muscolare che origina dal bacino e lo fa retrovertere in accosciata.

Prendo il mio foam roller (o qualsiasi cosa possa essere utile allo scopo) e rilascio gli adduttori, mi metto sotto il bilanciere e noto se ci sono dei miglioramenti.

Di nuovo: carenza, muscoli e funzioni di qusti ultimi.

Foam Rolling o semplice stretching?

La letteratura ha più volte dimostrato che un’attività di stretching statico, se protratto troppo a lungo e fatto prima dell’allenamento con i pesi, può ridurre le nostre performance in quello stesso allenamento.

Ciò, però, non succede con il foam rolling.

Vi ricordate lo studio di prima?

Ecco, in quello stesso studio, oltre al ROM, vennero misurate anche le prestazioni pre e post rullata: nessuna differenza.

Provate e sperimentate.

Conclusione sul Foam Rolling

Una buona mobilità, senza uno schema motorio corretto, non vale nulla.

Quindi, se hai problemi in un esercizio del powerlifting o bodybuilding, io ti consiglio di unire parecchie sedute tecniche al lavoro di mobilità, magari utilizzando varianti dell’alzata per lavorare su specifici punti deboli.

*Un sincero grazie ad Enrico per aver contribuito al sito con questo articolo. Assicurati di seguirlo su Instagram.

Sono Enrico, ma preferisco Santa, studio presso la facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Torino e sono un grande appassionato delle cose fatte bene, che si parli di allenamento o no.

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